Se la sposa è un fiore d'aprile
Ci vorrebbe un antropologo, per giudicare Se la sposa è un fiore d’aprile: un graphic novel “diverso”, quasi documentaristico su usi e costumi di un certo tempo in un certo enclave italiano. Requisiti evidenziati da Vincenzo Jannuzzi, un autore completo e un po’ border-line, caratterizzato spesso da valori “contro”.
È ciò che sorprende in Se la sposa è un fiore d’aprile, racconto fuori-schema contraddistinto da due valenze diverse ma complementari: da una parte una delicata storia d’amore, dall’altra una forte componente realistico-documentale, capace di configurarlo come un ruvido saggio. La sostanza narrativa riguarda un’Italia agricola degli anni Trenta, dove si svolge la storia di due giovani, i quali si amano secondo i canoni del tempo e di quell’ambiente (perfino le serenate) e giungono alla fine al matrimonio. Ma non è affatto un romanzetto sentimentale.
Infatti il paese sullo sfondo è il calabrese Spezzano Albanese, così chiamato perché lì sopravvive dal 1500 una enclave di albanesi fuggiti dai turchi e rimasti gelosissimi delle loro tradizioni e perfino della lingua, l’incomprensibile arbëresh. Quindi Elena e Ndoni (Antonio), i due promessi, trovano resistenze a livello famigliare perché lui è albanese e lei è “italiana”. Ad aggravare la situazione, lui è benestante e lei appartiene a una famiglia povera, in un periodo in cui “mai vista una cosa simile! Era sempre stato che i poveri si sposavano con i poveri, e i ricchi coi ricchi”.
Ma la buona disposizione d’animo delle famiglie e i sereni rapporti fra i membri della comunità-paese faranno sì che le cose si concludano nel migliore dei modi. E, a sorpresa, l’ultima parola dell’autore “è così che si sono sposati Elena e Ndoni, mia madre e mio padre”.
Sorprendenti però sono l’aspetto documentaristico e quello grafico.
Jannuzzi racconta con estremo scrupolo antropologico i cerimoniali canonizzati dalla tradizione, secondo i quali i due giovani vengono preparati al matrimonio, e poi la cerimonia in sé e i festeggiamenti, con la ugualmente tradizionale partecipazione corale dell’intero paese. In parallelo, Jannuzzi illustra con lo scrupolo di un pittore di altri tempi le scene – contrappuntate da sintetici testi – delle varie fasi di tutto il cerimoniale, fin dal fidanzamento. Scene che sembrano incisioni d’altri tempi, con la ieraticità dei volti, con la compostezza o l’allegria delle figure umane, col lusso un po’ esagerato dei costumi femminili tradizionali. Scene di profonda suggestione grafica, apparentemente provenienti da un trattato antropologico ottocentesco. In altre parole, bensì un graphic novel ma di una nobiltà e di una qualità assolutamente rare. (Gianni Brunoro)
Vincenzo Jannuzzi